Venditori, l’importanza di motivarli e fidelizzarli

Vincenzo Spagnuolo • 31 ottobre 2019
di Walter Ribichesu

I motivi principali per cui un agente si lega ad una azienda sono piuttosto simili a quelli per cui si lega un cliente; non a caso i venditori sono i principali clienti di qualsiasi azienda. Gli  accordi  devono essere  chiari, precisi e trasparenti  e il  progetto  deve essere  affidabile, innovativo ed economicamente vantaggioso.

Tuttavia, i  cambiamenti  strategici che qualunque azienda deve attuare conseguentemente ai costanti mutamenti di mercato, portano ad  inevitabili ripercussioni  sulle abitudini e sul comportamento delle risorse che da più tempo sono presenti in azienda, innescando quella resistenza al cambiamento intrinseca in qualunque essere vivente, che alla lunga porta a invertire la percezione delle condizioni sopra indicate, da allineate a disallineate e al conseguente abbandono dei venditori senior (con relativi danni al portafoglio clienti). Oppure, che venditori produttivi diventino improduttivi e/o che manager commerciali affidabili diventino meno performanti. I meccanismi dei venditori che generano resistenza al cambiamento sono tanto diffusi quanto naturali ed inevitabili.
Di fronte a condizioni di questo tipo, sovente le aziende ricorrono ad interventi formativi di  change management,  atti ad agevolare appunto l’introduzione di un’innovazione tecnologica o il cambiamento della propria impostazione e della propria struttura organizzativa.
A volte questi interventi non sortiscono l’effetto atteso, ed  il motivo principale per cui la formazione talvolta non ottiene gli effetti desiderati sui partecipanti  ad un corso/percorso, è da ricercare nella naturale condizione di resistenza alle mutazioni detta “omeostasi” (resistenza naturale al cambiamento di cui sopra), tipica di qualsiasi essere vivente, a cui vanno aggiunte ulteriori resistenze di tipo comportamentale e culturale dell’essere umano.
Esiste una notevole differenza tra informarsi e formarsi, così come esiste una grossa differenza tra comunicare cosa ci si aspetta che un venditore faccia e quello che lui effettivamente fa.  Formarsi  significa ricevere informazioni e  modificare  in toto o in parte il proprio comportamento sulla base delle informazioni appena ricevute; informarsi più semplicemente limita il processo al ricevere le informazioni senza modificare il proprio comportamento anche se si realizza che sarebbe conveniente e vantaggioso farlo.
Il primo passo che l’organizzazione azienda dovrebbe fare in questi casi, è far  assumere consapevolezza  agli individui dei propri risultati e della loro inadeguatezza rispetto alle loro stesse aspettative. In questo caso la chiarezza, la trasparenza e la precisione d’analisi derivante da un buon sistema di raccolta dei dati a preventivo (quei dati cioè che riguardano l’azione del venditore sul territorio prima della raccolta), facilità l’accettazione da parte del venditore in calo di produzione della condizione di scarsità, perché sposta l’attenzione del medesimo sul suo comportamento e non sulla sua personalità. Una volta raggiunto l’adeguato livello di consapevolezza, allora le leve motivazionali che si possono utilizzare per innescare il cambiamento sono due: dolore e piacere.
Nella soggettività umana normalmente i concetti di dolore e piacere dovrebbero divergere, l’uno posto in maniera antitetica dell’altro, come due rette parallele che non si incontreranno mai. Freud dice:  “l’animo umano rifugge istintivamente da tutto ciò che è doloroso” . In realtà non è sempre così.  Esistono situazioni in cui la persona perde la capacità di reagire in maniera difensiva di fronte a oggetti o situazioni minacciose  o che alterano la conservazione della sua sensibilità di fronte agli stimoli ambientali, non riuscendo più a distinguere ciò che è doloroso da ciò che invece è piacere. Non si tratta in un’inversione del piacere e del dolore, ma del loro  paradossale incontro  al fine di rendere queste due esperienze un unico e piacevole tassello verso la via del piacere.
Accade quindi che  talune le persone per poter sopravvivere, si abituino al dolore ; per meglio dire, ad una condizione dolorosa di infelicità e frustrazione. Spesso per queste persone è più facile riconoscere l’infelicità e pensare che sia causata dal mondo esterno, rigettando al di fuori di sé la responsabilità di aver innescato la condizione dolorosa.
Tuttavia,  il dolore insegna a vivere nella ricerca della felicità  perché essa è nascosta dalla sofferenza. Basta capirne il significato, e quindi far guardare alla persona coinvolta in questa spirale oltre un semplice:” mi piace, non mi piace, quello che voglio, quello che non voglio” perché il dolore spinga a cercare orizzonti nuovi. La leva del dolore è sempre più “motivante” di quella del piacere. Si tratta di  far percepire al soggetto un “dolore nuovo”  a cui non si è ancora abituato.
Ecco quindi che il venditore che non sta più producendo risultati interessanti per lui e per gli altri, o ha trovato altrove una fonte di appagamento e semplicemente non interrompe il rapporto professionale per inerzia ed abitudine, oppure, è entrato in una spirale autodistruttiva che lo porta a procrastinare se non a rifiutare gli schemi di comportamento che gli vengono suggeriti, ad esempio in un percorso di formazione, pur di rimanere legato ad una condizione che è si dolorosa, ma a cui si è abituato.
Ma cosa accade se i nuovi schemi di comportamento, le nuove strategie commerciali, palesano incontrovertibilmente la possibilità di ottenere traguardi piacevoli e brillanti e vengono presentati senza possibilità di appello, come alla sua portata? Che si innesca un nuovo dolore; quello di non poter raggiungere la felicità/piacere e questo dolore, è così intenso e sconosciuto da obbligare la persona ad abbandonare le sue vecchie abitudini per  sposare il cambiamento e perseguire la sopravvivenza . E come dire: alla mia vita fatta di insoddisfazione mi sono abituato, ma questa nuova condizione di possibile piacere è talmente forte, che il dolore che proverei a non ottenerla è insopportabile.
Perché questo avvenga l’azienda deve  agire di concerto ad ogni livello di management  organizzando percorsi formativi che siano sostenuti e condivisi nell’operatività quotidiana. Agire in disarmonia può condurre alla lunga a generare un indesiderato effetto  rebound,  rispetto ai processi/percorsi di formazione da parte dei venditori/manager, a causa della contraddittorietà tra formazione e operatività, dissipando notevolmente i risultati ottenibili attraverso la formazione ed allontanando le persone da essa.
E’ interessante osservare come di fatto le azioni che un azienda può scegliere di attuare per la fidelizzazione del cliente e di venditori, non siano poi così distanti e passino tutte attraverso percorsi di formazione che oltre a fornire nozioni, aiutino le persone ad accrescere la loro consapevolezza facendogli percepire chiaramente l’insostenibilità del loro status e le conduca a individuare i motivi per attuare un processo di cambiamento che le porti ad abbandonare le vecchie abitudini per sposarne di nuove più produttive e vantaggiose.

 


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